L’istituto della donazione viene sovente utilizzato per attuare spostamenti di ricchezza, specialmente in ambito familiare.
È necessario, tuttavia, valutarne caso per caso la concreta convenienza, non avendo il donante piena discrezionalità nel disporre dei propri averi: la legge, infatti, riserva una quota di eredità ai cd. legittimari, che possono – entro i dieci anni successivi alla accettazione dell’eredità – impugnare le attribuzioni lesive di tale quota.
A complicare il quadro delineato si aggiunge la presenza, nella prassi economica, di elargizioni patrimoniali effettuate non tramite l’atto pubblico notarile – richiesto dalla legge per la donazione – bensì attraverso diverse forme; si parla in questi casi di donazione indiretta, che si viene a configurare, ad esempio, in caso di pagamento del debito altrui, o di vendita a prezzo irrisorio di un immobile.
La diffusione di simili fattispecie non è accompagnata dalla consapevolezza delle conseguenze che una donazione indiretta può avere sulla composizione del patrimonio familiare e sulla sua futura consistenza.
In particolare, accade di frequente che, nell’ambito del rapporto di coniugio, uno dei due partner, spesso con una maggiore disponibilità economica, effettui delle attribuzioni caratterizzate da spirito di liberalità a favore dell’altro, realizzando – anche inconsapevolmente – una donazione indiretta.
La riconducibilità di tale prassi alla disciplina della donazione è del resto confermata da una giurisprudenza di legittimità oramai consolidata, che anche in una recentissima occasione non ha mancato di specificare come “l’attività con la quale il marito fornisce il denaro affinché la moglie divenga con lui comproprietaria di un immobile è riconducibile nell’ambito della donazione indiretta, così come sono ad essa riconducibili, finché dura il matrimonio, i conferimenti patrimoniali eseguiti spontaneamente dal donante, volti a finanziare lavori nell’immobile, giacché tali conferimenti hanno la stessa causa della donazione indiretta” (Cass. Civ., Sez. VI, Ord. 10.05.2022, n. 14740).
Ciò chiarito, è opportuno sottolineare come anche alla donazione indiretta si applichino le norme successorie in tema di quota di legittima, con rilevanti effetti pratici: nel caso sopra menzionato, ad esempio, le somme corrisposte da parte del marito alla moglie potrebbero – astrattamente – violare la quota riservata ai figli che potrebbero, apertasi la successione, agire in giudizio contro la madre beneficiaria di tali donazioni indirette.
Naturale conseguenza di tale assunto è che, così come avviene in relazione alle donazioni effettuate tramite atto pubblico, simili vicende acquisitive dei beni immobili sono caratterizzate da una difficile commerciabilità: è sufficiente rilevare, in proposito, che nella prassi bancaria gli immobili di provenienza donativa – anche indiretta – non vengono accettati in garanzia dagli istituti di credito prima dello spirare del termine prescrizionale dell’azione di riduzione, attraverso la quale gli eredi possono rivendicare la lesione della propria quota.
Queste riflessioni, nel contesto socio-economico e culturale italiano, dove spesso gli spostamenti di ricchezza avvengono senza le dovute analisi tecnico-giuridiche, evidenziano l’importanza di una valutazione preliminare di tutti i fattori in gioco, con uno scopo unitario: pianificare operazioni sulla base della fattispecie concreta, evitando che la conservazione del patrimonio familiare possa essere esposta a rischi derivanti dall’utilizzo di strumenti giuridici errati.
A cura dell’Avv. Giovanni Alessi e del Dott. Dante Irmici