Il trattamento fiscale della cessione gratuita di prestazioni sportive di calciatori, è stato affrontato da un’interessante statuizione della Suprema Corte del 9 gennaio 2019 con Sentenza n. 345, che si è espressa in merito all’ambito applicativo dell’articolo 101 del Tuir.
Dovendo massimare la Sentenza in parola, può sintetizzarsi che esulano dal campo della deducibilità dal reddito imponibile delle società sportive le minusvalenze provenienti dalla cessione di contratti sui diritti alle prestazioni sportive di calciatori, qualora non sia prevista la corresponsione di un corrispettivo.
Il contendere che ha infine condotto al descritto arresto ha tratto le mosse da un avviso di accertamento che recuperava ai fini Ires e Irap minusvalenze generate dalla cessione di contratti recanti ad oggetto i diritti alle prestazioni sportive di calciatori.
Orbene, secondo l’Ufficio procedente, la fattispecie integra una cessione a titolo gratuito della cessione in parola, non versandosi, pertanto, nell’ambito applicativo dell’articolo 101, comma 1, del Tuir, che, nel periodo considerato, prevedeva la deducibilità delle minusvalenze dei beni dell’impresa laddove realizzate giusta cessione a titolo oneroso.
L’associazione sportiva ricorreva dunque eccependo la sostanziale onerosità dei contratti in questione, poiché riferentisi a contratti tra datori di lavoro, “con conseguente trasferimento del diritto di esigere la prestazione sportiva dietro pagamento dell’ingaggio annuale“.
I Giudici di prime cure, in accoglimento dei motivi di ricorso, ammettevano la possibile deducibilità delle minusvalenze in commento. Successivamente, l’appello proposto dall’Ufficio soccombente veniva respinto dalla Commissione Tributaria Regionale. La questione perveniva pertanto alla cognizione della Suprema Corte, dinanzi alla quale l’Amministrazione finanziaria eccepiva la violazione dell’articolo 101 del Tuir, nella parte in cui la sentenza appellata aveva annullato la pretesa connessa all’omesso riconoscimento della deducibilità delle poste inerenti la cessione.
Orbene, la Corte di Cassazione ha accolto il motivo di ricorso, avvalorando la fondatezza della doglianza dell’Agenzia delle Entrate. Posizionando più dettagliatamente il focus sul merito, si evidenzia che la soluzione del contendere, pertanto, interpella l’interpretazione da conferirsi al citato articolo 101, come modificato dall’articolo 1 del D.lgs. 344/2003, inerente il trattamento tributario delle minusvalenze dei beni relativi all’impresa nella parte in cui, con rimando all’articolo 86, comma 1, lettera a) del Tuir vigente ratione temporis, prescriveva che le minus e le plusvalenze relative ai cespiti aziendali concorressero alla formazione del reddito imponibile solo laddove realizzate mediante una cessione a titolo oneroso.
La Suprema Corte, con l’intervento in parola, ha in primis rinsaldato la tesi a lume della quale, attraverso la cessione del contratto di prestazione sportiva dei calciatori, si realizza “la cessione del diritto all’utilizzo esclusivo della prestazione dell’atleta verso il corrispettivo, diritto da qualificare come bene immateriale strumentale all’esercizio dell’impresa“, implicitamente intendendo che detto diritto trovi cittadinanza nelle immobilizzazioni strumentali di natura immateriale dell’impresa, in quanto il diritto allo sfruttamento della prestazione professionale del calciatore configura una “utilità giuridica assolutamente suscettibile di valutazione economica e di circolazione”.
Veniva pertanto rigettata la doglianza della società che, in merito, aveva eccepito che si vertesse in caso di trasferimento di beni, non riguardando la cessione di “diritti reali su un bene materiale o immateriale, ma rapporti giuridici cartolarmente ed unitariamente compresi in un contratto di lavoro”.
Ne segue che la minusvalenza derivante dalla cessione del contratto in parola, che ha ad oggetto il bene strumentale immateriale rappresentato dalla prestazione sportiva di un calciatore, risulta deducibile ai sensi dell’articolo 101, comma 1, Tuir.
Oltre a tale conclusione, i giudici di legittimità sono altresì giunti a precisare che “la cessione da una società sportiva ad un’altra di un contratto avente ad oggetto la prestazione professionale di un calciatore senza il pagamento di un corrispettivo sia atto a titolo gratuito, non rilevando la circostanza che la parte cessionaria dovrà corrispondere al giocatore ceduto il compenso dovutogli”, con ciò sottendendo che la cessione de qua rappresenta un contratto del tutto autonomo da contratto sottostante, il quale prescinde dalla natura dell’atto ceduto, sia questa gratuita o onerosa.
Da ciò, i Supremi giudici rigettavano la tesi a mente della quale la cessione in descrizione fosse a titolo oneroso, in quanto il contratto ceduto è esso stesso oneroso. Ragionando al contrario, non si verificherebbe, invero, mai la possibilità di compiere atti a titolo gratuito aventi a oggetto diritti reali immobiliari, ai quali è sempre riconnesso un costo economico.
Nel caso in descrizione, solo la cessione gratuita conduce dunque, ad insegnamento della Suprema Corte, alla non applicabilità delle disposizioni contenute nell’articolo 101 citato e alla conseguente indeducibilità delle minusvalenze generate.