Nella sua relazione annuale Meta ha dichiarato che Facebook e Instagram potrebbero cessare le operazioni in Europa qualora non fosse possibile raggiungere un accordo sui flussi di dati verso gli Stati Uniti.
La questione, anche se in termini diversi, era già parzialmente emersa il 16 luglio 2020 quando, a seguito della sentenza c.d. “Schrems II”, la Corte di Giustizia UE aveva invalidato la Decisione di adeguatezza della Commissione inerente al Privacy Shield, l’accordo commerciale tra UE e US che regolamentava il trasferimento di dati personali verso gli Stati uniti.
Con la caduta dell’accordo molte società statunitensi – tra cui Meta, Google etc. – si sono trovate disorientate e hanno fatto affidamento ad altri strumenti previsti dal GDPR, tra cui le standard contractual clauses, per importare dati negli Stati Uniti. Queste, però, non sono risultate sufficienti a garantire una protezione adeguata agli interessati europei anche e, soprattutto, a causa di una normativa statunitense (tra cui, ad esempio, il Foreign Intelligence Surveillance Act § 702) che consente alle agenzie governative di chiedere e ottenere un illimitato accesso ai database delle società.
In questo scenario, di per sé magmatico, è intervenuto lo scorso 22 dicembre 2021 il Datenschutzbehörde, l’Autorità garante austriaca, che ha adottato un provvedimento, poi rimesso al Garante tedesco (Bundesbeauftragten für den Datenschutz und die Informationsfreiheit) per una questione di competenza territoriale, con cui ha dichiarato non compliant il trasferimento e l’archiviazione dei dati su server statunitensi effettuato da Google attraverso le funzionalità di Google Analitycs (GA).
A seguito di tale decisione, molte delle imprese coinvolte in trattamenti transcontinentali, ma anche imprese europee, hanno espresso perplessità, dal momento che un blocco sistematico di tali pratiche causerebbe uno shut down della data economy in Europa.
Il tema è certamente complesso, poiché la vicenda in questione non dipendente direttamente da una pratica commerciale scorretta, bensì da una scelta normativa del legislatore statunitense, posizionando il dibattito nel campo della sovranità statale più che in quello del mercato globale.
Sul punto è così intervenuta anche Meta che, nella sua relazione alla U.S. Securities and Exchange Commission, ha avvertito che se non dovesse essere approvato un nuovo accordo quadro per il trasferimento di dati verso gli Stati Uniti, molto probabilmente, la società, non essendo più autorizzata a procedere con tali pratiche, potrà non essere più in grado di offrire nell’UE alcuni, se non tutti, dei suoi servizi e prodotti, tra cui Facebook e Instagram.
L’impatto di una tale decisione avrebbe effetti economici rilevanti su tutti gli attori del mercato digitale europeo e statunitense, sia grandi società, come Google, Meta, Amazon etc. che per le piccole e medie imprese, le quali fanno sempre più affidamento a servizi come quelli erogati da Meta e Google per supportare e/o realizzare il proprio core business.
Ad oggi, non è stata ancora presa una decisione definitiva, in tal senso dirimente sarà l’interpretazione del Garante tedesco, nelle more di un intervento dei legislatori “atlantici” volto a giungere ad una soluzione normativa consenta alle imprese statunitensi di continuare ad erogare servizi in Europa senza che vengano compromessi i diritti cittadini europei.
A cura dell’Avv. Giovanni Di Stefano e del Dott. Emiliano Guerreschi