Negli anni 2009/2010, durante il boom del fotovoltaico, un allarme iniziò a diffondersi fra decisori e stakeholders circa il consumo di suolo agricolo: la rapida diffusione degli impianti, si riteneva, avrebbe potuto mettere a serio rischio la disponibilità di aree da dedicare alle attività agro-pastorali, convertite alla installazione dei moduli, con serio pregiudizio per l’economia nazionale e la capacità di produzione alimentare.
In risposta a queste più o meno fondate preoccupazioni intervenne il legislatore per limitare la possibilità di installazione degli impianti su terreni a destinazione agricola: l’articolo 65 del D.L. 1/2012 (conv. in L. 71/2012) proibì l’accesso ai regimi di sostegno ed agli incentivi altrimenti previsti per quegli impianti fotovoltaici i cui moduli fossero collocati a terra in aree agricole (con disposizione di maggior rigore rispetto a quanto già fatto un anno prima con l’art. 10 del c.d. Decreto Romani: a termini di questa norma, gli impianti, con capacità entro il Mw di potenza, potevano continuare a fruire degli incentivi statali a patto che la superficie interessata dall’installazione non fosse superiore al 10% della superficie totale a disposizione del proponente).
A fronte di queste limitazioni l’industria del settore iniziò a studiare e concepire metodi costruttivi che fossero in grado di contemperare i due interessi confliggenti: l’installazione di impianti di energie rinnovabili ed il mantenimento delle capacità agricole.
Iniziarono pertanto ad affermarsi i c.d. impianti agro-fotovoltaici (o agrivoltaici) che, come noto, sono dei sistemi in cui l’attività agricola e l’attività energetica coesistono ed insistono sulla medesima porzione di territorio, preservando la vocazione agricola del terreno (cfr. Position Paper di ANIE Federazioe et al., del 2 marzo 2022).
Il legislatore nazionale ad oggi non ha ancora disciplinato compiutamente le caratteristiche e le modalità costruttive da rispettare affinché un impianto possa considerarsi agrivoltaico (e tale quindi da scongiurare i pericoli di consumo di suolo agricolo già menzionati e cui le limitazioni normative descritte avevano inteso rimediare).
Una prima timida apertura c’è stata con il c.d. Decreto Semplificazioni Bis (D.L. 77/2021) il cui articolo 65 aveva disposto che, in deroga al già citato divieto, gli impianti agro-fotovoltaici, a patto che la loro istallazione non compromettesse la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale, potevano beneficiare degli incentivi statali e o degli altri regimi di sostegno.
L’importanza di questa norma risiede anche nel fatto che, ad avviso di chi scrive, il legislatore avesse espressamente riconosciuto per la prima volta che gli impianti agrovoltaici sono strutturalmente e concettualmente diversi dagli altri impianti con moduli collocati a terra (quanto meno ai fini di conservazione del suolo dedicato alle coltivazioni).
Successivamente è stato compiuto un passo un po’ più deciso: l’art. 14, co. 1, lett. c) del D.Lgs. 199/2021 ha addirittura previsto che, per incentivare la realizzazione di impianti agrivoltaici sarà disciplinata (con successivo decreto ministeriale) la concessione di prestiti e contributi a fondo perduto a valere sui fondi del P.N.R.R.
Questo virtuoso cammino sulla strada della semplificazione e dell’incentivazione dei sistemi ibridi agricoltura-produzione energetica, sembra essersi bruscamente interrotto all’inizio di questo mese di marzo: l’articolo 11 dell’ultimo D.L. 1 marzo 2022 n. 17, infatti, ai fini della concessione di meccanismi incentivanti, estende anche ai sistemi agrivoltaici la limitazione della superficie massima impegnabile dall’installazione (entro il 10% della superficie agricola).
Non è sinceramente dato comprendere la logica dietro questa ultima norma.
Innanzitutto equipara, ai fini del consumo di suolo agricolo, gli impianti agro-fotovoltaici a quelli con moduli invece collocati a terra, mentre i primi sono stati inventati proprio per ovviare le controindicazioni dei secondi (contraddicendo pertanto la ratio delle limitazioni).
Si pone probabilmente in contrasto con quanto previsto dalla Missione 2, Componente 2, Investimento 1.1. del P.N.R.R. “Sviluppo del sistema agrivoltaico”: il legislatore dovrebbe favorirlo e non inspiegabilmente limitarlo.
Si pone, infine, probabilmente in contrasto con lo stesso spirito del decreto nel quale è contenuta, emanato per adottare misure urgenti per il contenimento dei costi dell’energia e … lo sviluppo delle fonti rinnovabili.
Attendiamone la conversione.
Avv. Prof Luca Pardi