Il legislatore italiano, con il d.lgs. 30/2023, in deroga al divieto previsto all’art. 2468 c.c., ha previsto per tutte le S.r.l. la possibilità di reperire capitale di rischio offrendo le proprie quote di partecipazione al pubblico mediante le piattaforme online di crowdfunding: il c.d. equity crowdfunding.
Già nel 2012, con il d.l. n. 179, era stata prevista una normativa ad hoc, che risultava, però, indirizzata alle sole startupinnovative ed ai loro incubatori. Successivamente, con la Legge di Bilancio 2017, lo strumento è stato reso accessibile anche alle PMI costituite in forma di S.p.A.
Il nuovo decreto legislativo prevede un meccanismo semplificato per la sottoscrizione delle quote, per il quale gli investitori si avvalgono di intermediari (banche e società abilitate alla prestazione di servizi di investimento).
L’alienazione delle quote avviene mediante annotazione del trasferimento nei registri tenuti dall’intermediario abilitato e, così come nel caso di sottoscrizione delle quote, non necessita della stipulazione di un contratto scritto.
Gli intermediari, previa ricezione di apposito mandato, effettuano l’intestazione delle quote in nome proprio e per conto dei sottoscrittori. È importante sottolineare che, entro 30 giorni dalla chiusura dell’offerta, gli intermediari devono depositare al registro delle imprese una certificazione che attesti la loro titolarità di soci per conto di terzi, legittimante l’esercizio dei diritti sociali e nominativamente riferita al sottoscrittore. In alternativa, è previsto dalla legge che gli investitori possano altresì richiedere l’intestazione diretta delle quote di pertinenza.
È, poi, opportuno sottolineare che i potenziali investitori, a fini di trasparenza, devono necessariamente avere la possibilità di conoscere i progetti di finanziamento delle S.r.l. mediante la descrizione tecnica dell’operazione, ossia una comunicazione informativa predisposta dai fornitori di servizi crowdfunding.
Questo istituto, però, ad oggi non è privo di problematiche.
In primis, non è previsto un organo di controllo interno alle S.r.l. che valuti la veridicità ed esattezza delle informazioni fornite ai potenziali investitori, poiché l’unico filtro previsto è costituito dai gestori delle piattaforme online. Poi, è del tutto assente un mercato secondario in cui poter rivendere le quote. Infine, è d’uopo segnalare che le S.r.l. hanno la facoltà di limitare i diritti correlati alle quote offerte (e.g. diritti di voto), così da escludere gli investitori dall’attività di gestione. Sul punto era già stato individuato dalla Consob un meccanismo di salvaguardia (art. 24 del Regolamento n° 18592), per il quale le piattaforme di crowdfunding devono verificare la presenza nello statuto di una clausola “Tag Along”, cioè una previsione che attribuisce un diritto di co-vendita all’investitore di minoranza in caso di vendita delle quote da parte del socio di maggioranza.
In conclusione, la nuova normativa ragionevolmente rappresenta la voglia del nostro legislatore di creare sistemi di immissione di capitale alternativi ai finanziamenti interni (aumenti di capitale) o esterni (e.g. credito bancario). Inoltre, questo sistema potrebbe essere impiegato per scongiurare una situazione di crisi e insolvenza aggravata dalla difficoltà di trovare risorse finanziare con i metodi tradizionali.
A cura dell’Avv. Eulessia Marina Ricci e del Dott. Giuseppe Ghizzota