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L’IMPRENDITORIA FEMMINILE: DA BARBIE ALLE RIFORME PER LE PARTECIPAZIONI NEL CDA

barchette di carta colorate

Barbie, la famosa ed iconica bambola della Mattel Inc., quest’estate, grazie al nuovo film è tornata al centro della discussione globale ed ha nuovamente sollevato diversi spunti di riflessione circa la rilevanza degli investimenti ed incentivi per l’imprenditoria femminile italiana.

Il film è stato solo il punto di arrivo di una campagna pubblicitaria, chiamata “Dream Gap”, proposta dalla società a partire dal 2018, che cerca di diffondere modelli positivi di imprenditoria femminile relativi a donne provenienti da tutto il mondo. Anche alcune famose imprenditrici italiane come, per esempio, Cristina Fogazzi e Sonia Peronaci sono state le protagoniste di questo progetto.

È d’uopo sottolineare che, migliorare questo “Dream Gap” è anche l’obiettivo dell’Unione europea da realizzarsi entro il 2026. Infatti, il 22 novembre 2022 il Parlamento europeo ha approvato la direttiva Women on boards finalizzata all’incremento delle donne nei vertici aziendali. Le società con più di 250 dipendenti dovranno rispettare delle soglie specifiche per garantire la parità di genere, garantendo la presenza femminile per il 40% dei posti di amministrazione senza incarichi esecutivi e il 33% di tutti i posti di amministrazione. L’orientamento dalla direttiva prevede che siano i singoli Stati membri a stabilire il risultato da raggiungere e non la società.

Dato che, le società quotate hanno la propria sede in uno Stato dell’Unione europea, ma le loro azioni possono essere negoziate su un mercato regolamentato in uno o più paesi, la direttiva prevede che la società debba adattarsi agli standard previsti dal paese in cui ha la propria sede legale.

Le società che non rispettino gli standard dovranno procedere a nominare o eleggere amministratori donne, per conformarsi con la direttiva europea entro il 2026.

In linea generale, i pilastri su cui si basa il programma previsto dalla direttiva sono i seguenti: (i) garantire un livello minimo di armonizzazione dei requisiti di governo societario, prevedendo dei criteri oggettivi per la decisioni di nomina; (ii) definire delle misure interne che scongiurino la promozione automatica ed incondizionata del sesso sottorappresentato; (iii) stabilire delle modalità per preferire il candidato sottorappresentato, a parità di qualifiche e requisiti, senza specifici presupposti oggettivi per scegliere il candidato dell’altro sesso.

L’Italia, sulla tematica della parità di genere, si era già attività nel 2011 con la legge n. 120, che ha introdotto la necessità di riservare almeno due quinti degli amministratori eletti alle donne.

Questo intervento ha permesso al nostro paese di modificare esponenzialmente la componente femminile nei CdA. Infatti, nell’ultimo decennio si è passati dal 7% di amministratori donne nel 2011 al 38,8% nel 2021.

Ad oggi, in Italia il 47% dei CdA delle imprese finanziarie incluse nell’Msci European Financials è composto dal sesso femminile, rimanendo in testa per rappresentanza rispetto a Francia, Regno Unito, Spagna, Svizzera e Germania.

Inoltre, l’intervento italiano per migliorare l’imprenditoria femminile non si ferma alle quote all’interno dei CdA, ma cerca di agevolare la nascita di nuove società. Nel 2022 è stato instaurato il Fondo di Impresa Donna, che è attualmente sospeso ma dovrebbe riattivarsi nel corso del 2023. Questo nasce per perseguire la crescita dell’imprenditoria femminile, che è uno degli obiettivi del PNRR.

D’altro canto, sono presenti ulteriori alternative a cui è possibile attingere in attesa della riapertura del Fondo Impresa Femminile, tra questi si ricordano Smart & Start Italia e Nuovo SELFIEmployment.

La prima misura nasce a sostegno della creazione di imprese femminili, ed è finanziata con 100 milioni di euro provenienti dai fondi del PNRR, la seconda è invece promossa da Invitalia per il microcredito e prevede finanziamenti fino a € 25.000 dedicati a NEET, donne inattive e disoccupate di lungo termine, per permettere di ricominciare una nuova attività.

Di recente lo stato italiano si è attivato ulteriormente creando un connubio tra due realtà che faticano ad emergere: l’imprenditoria femminile e i luoghi montani. Infatti, è stato lanciato un incentivo nei confronti delle start-up femminili innovative montane, pari a 3,9 milioni di euro.

Questa agevolazione è quindi riservata solo alle start-up: costituite in prevalenza da donne, situate nei Comuni montani indicati dall’Allegato I del Dara e in forma di società di capitali, anche cooperative.

Alla luce di quanto premesso, l’Italia risulta essersi trasformata nell’arco di un decennio in un esempio per gli altri paesi europei.

Grazie ai molteplici interventi normativi per permettere la partecipazione delle donne nel CdA e all’erogazione di svariati incentivi, l’Italia è diventato uno dei paesi più virtuosi a livello europeo per la parità di genere nelle posizioni apicali societarie.

Inoltre, l’obiettivo ulteriore di questi interventi normativi consiste nel continuare ad aumentare il tasso di occupazione femminile, che invece rimane un punto dolente per l’Italia. Secondo i dati pubblicati dall’Istat il 31 gennaio dell’anno in corso, il tasso di occupazione femminile si attesta al 51,3%, cioè lo 0,5% in più rispetto ad un anno prima. Questa percentuale, anche se in crescita, si traduce però in 9.763.000 donne occupate contro 13.452.000 uomini ed è identificabile come uno dei tassi peggiori a livello europeo.

In conclusione, si può affermare che i primi interventi legislativi abbiano maturato i loro frutti, rendendo l’Italia un paese all’avanguardia sulla parità di genere a livello apicale. D’altro canto, il percorso è ancora lungo per riuscire a pareggiare il gender gap a livello occupazionale, sia per l’Italia che per l’Unione europea.

 

A cura dell’Avv. Giovanni Alessi e della Dott.ssa Martina Levi

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