A partire dal 1° gennaio 2019 è fatto obbligo di procedere a fatturazione elettronica, oltre che per le operazioni inerenti i rapporti B2G (con la Pubblica Amministrazione), anche per quelle B2B e B2C (business e consumatori)
Per fattura elettronica non si intende semplicemente un documento informatico che incorpori gli stessi estremi di una tradizionale fattura cartacea, ma un file digitale da rendere in formato .XML tramite apposito gestionale, richiesto per assicurare che, all’atto della trasmissione telematica della fattura al destinatario, il documento fiscale transiti dapprima nel Sistema di Interscambio (SdI), predisposto dall’Agenzia delle Entrate.
Il documento contabile in formato .XML dovrà possedere obbligatoriamente i medesimi contenuti richiesti dall’Art. 21 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633 per la fattura “tradizionale”, ovvero dall’Art. 21-bis nel caso di fattura semplificata.
Esaurite queste brevi premesse, pare interessante prendere in considerazione le criticità che interessano la fatturazione elettronica, in particolare in fase di compilazione della stessa.
Gli errori nei quali si può incorrere sono di due tipi: formali o sostanziali.
In particolare, i primi sono rilevabili dal SdI (Sistema di Interscambio) che, tra le altre, ha la funzione precipua di eseguire sulla fattura controlli di natura formale (e.g. verifica che siano presenti gli estremi identificativi del fornitore e del cliente, il numero e la data della fattura, la descrizione della natura, quantità e qualità del bene ceduto o del servizio prestato, l’imponibile, l’aliquota e l’Iva; verifica che i valori della Partita Iva del fornitore e della Partita Iva oppure del Codice Fiscale del cliente siano esistenti, cioè presenti in Anagrafe Tributaria; verifica che il file della fattura elettronica non sia un duplicato; verifica, se la fattura è firmata digitalmente, la validità del certificato di firma apposta).
Se anche uno solo dei predetti controlli non da esito positivo il SdI scarta la nota elettronica e invia al soggetto che l’ha trasmessa, sullo stesso canale di trasmissione (codice destinatario o PEC) una ricevuta di scarto contenente il codice e la descrizione sintetica dell’errore, nonché le ragioni del rigetto.
Da questo momento decorre il termine di 5 giorni lavorativi per riemettere la fattura, opportunamente corretta, recante la stessa data e la medesima numerazione di quella originaria immessa e scartata dal SdI. Tale opzione non comporterà alcun blocco legato alla duplicazione del documento contabile che già si era tentato di inviare, proprio perché quello precedente era stato fatto oggetto di scarto.
Va infatti precisato che la fattura elettronica si intende emessa, e dunque unica, irripetibile e immodificabile nel suo contenuto, solo e soltanto quando supera il controllo formale, transitando con successo attraverso il SdI.
A maggior ragione in questo caso non sarà necessario emettere una nota di credito ai fini IVA per rettificare la fattura scartata, poiché da un punto di vista contabile essa non è ancora venuta ad esistenza.
Nel caso in cui il termine per riemettere la fattura scartata dovesse decorrere invano, ferma la necessità di procedere alla corretta liquidazione dell’imposta in ragione dell’operazione effettuata, due sono le strade le alternative indicate dall’Agenzia delle Entrate:
- l’emissione di una fattura con numero e datacoerenti con gli ulteriori documenti nel frattempo emessi, per la quale risulti un collegamento alla precedente nota scartata dal SdI e successivamente stornata con variazione contabile interna;
- l’emissione di una fatturacontraddistinta da una specifica numerazione che, nel rispetto della sua progressività, faccia risultare che si sta trattando di un documento rettificativo del precedente viziato e scartato (ad esempio una nuova fattura, collegata alla fattura n. 23 rifiutata dal SdI, identificata come 23/R e inserita in un apposito registro sezionale).
Una volta superato il controllo formale, la fattura corretta transita nel SdI e viene inviata al soggetto che ha trasmesso il file una ricevuta di consegna contenente le indicazioni della data e dell’ora esatte in cui è avvenuta la consegna, assieme il nome che è stato assegnato al file dal soggetto che ha predisposto il documento contabile, un numero di protocollo – attribuito dal SdI – che identifica univocamente il file della fattura e un ulteriore codice – definito hash – che consente di garantire l’integrità del file stesso.
Nel caso in cui si incorra in un errore sostanziale (quale ad esempio l’inesattezza dell’importo dell’operazione o dell’indicazione del destinatario ovvero l’indicazione di operazione inesistente o avente ad oggetto altri beni o servizi), gli scenari che si possono aprire sono diversi:
- se la nota contabile non ha passato il controllo formale del SdI e in fase di “rettifica” il soggetto emittente rileva anche l’incongruenza sostanziale, potrà porvi rimedio in ogni caso, sia avvalendosi del termine dei 5 giorni lavorativi per ritrasmettere la fattura corretta conservando la stessa data e la stessa numerazione di quella scartata, sia non avvalendosi di tale termine, producendo una fattura con data e numerazione diverse, ma comunque progressive rispetto a quelle nel frattempo trasmesse nel SdI;
- avendo invece la fattura passato il controllo del SdI, e dunque risultando emessa a tutti gli effetti in quanto corretta sotto il profilo formale, essa non potrà essere oggetto di rettifica. Infatti, mentre la PA può rifiutare una fattura errata (con ciò obbligando il creditore a riemettere la fattura con le dovute correzioni), il privato non può rifiutare la fattura che si vede recapitare, quantunque sia viziata. In questi casi le richieste di correzioni dovranno essere comunicate mediante i canali ordinari al fornitore-emittente (oppure da quest’ultimo al destinatario), non potendo essere gestite tramite SdI. Di conseguenza, si renderà necessario emettere un nuovo documento, ossia una nota di credito a storno della fattura errata, cui far seguire una nuova fattura corretta, con data, numero e progressivo diversi.
Errori (e relative sanzioni) in caso di fatturazione elettronica possono riguardare anche il momento dell’emissione, ossia quello in cui avviene la trasmissione del documento informatico al SdI.
In ragione delle difficoltà di adeguamento al nuovo regime di fatturazione elettronica, il Decreto Fiscale 2019 ha stabilito – in deroga all’obbligo di emettere la fattura non oltre la mezzanotte del giorno stesso in cui si è effettuata l’operazione di cessione o prestazione – nuove tempistiche per l’emissione, in virtù delle quali a partire dal 1° gennaio 2019 fino al 30 giugno 2019 per i contribuenti trimestrali e fino al 30 settembre per chi effettua la liquidazione Iva con cadenza mensile, la trasmissione al SdI deve avvenire prima della data di liquidazione dell’imposta sul valore aggiunto, mentre a partire dal 1° luglio 2019 (1° ottobre 2019 per i contribuenti mensili) la fattura elettronica deve essere emessa entro 10 giorni dalla data di effettuazione dell’operazione.
Tali deroghe incidono anche sul quantum delle sanzioni comminate in caso di mancato adeguamento alle nuove tempistiche scandite per l’emissione della nota elettronica, infatti:
– non si applicheranno sanzioni per i ritardi che non comporteranno modifiche ai termini di liquidazione IVA;
– la sanzione sarà ridotta dell’80% qualora la fattura tardiva partecipi alla liquidazione periodica successiva rispetto al periodo di riferimento;
– la fattura predisposta e inviata in un formato diverso da quello .XML e quindi con modalità differenti rispetto al SdI si intende non emessa e conseguentemente saranno applicate le sanzioni previste dall’art. 6 del Dlgs. n. 471/1997, in capo al soggetto che avrebbe dovuto provvedervi. Pertanto, – nell’ipotesi di operazioni imponibili – la sanzione è compresa tra il 90% e il 180% dell’imposta. Il cessionario, per non incorrere nella sanzione di cui all’art. 6, comma 8, Dlgs. n. 471/1997 (100% dell’imposta, con un minimo di 250 euro), deve provvedere alla regolarizzazione dell’operazione trasmettendo l’autofattura al SdI.