A partire dagli anni ’80, e soprattutto nell’ultimo decennio, vi è stata un’ampia diffusione, nel nostro Paese, di sistemi di vendita di derivazione anglosassone, caratterizzati dalla cooperazione tra impresa produttrice del bene/servizio e cliente.
L’introduzione di questi particolari sistemi di vendita, tra i quali si cita il c.d. network marketing o multilevel marketing1, ha comportato una continua evoluzione ed un rapido mutamento dei tratti distintivi che caratterizzano i soggetti protagonisti dei rapporti contrattuali consumeristici.
In particolare, sempre più labile è divenuto il confine tra la figura del consumatore e quella del professionista, entrambe non più racchiudibili all’interno di rigide definizioni.
La figura dell’incaricato alla vendita costituisce un esempio emblematico di tale evoluzione. Si tratta, infatti, di soggetti che molto spesso entrano in contatto con l’azienda, produttrice di un bene o servizio, in qualità di clienti/consumatori, assumendo poi a loro volta, in virtù di un apposito incarico, una posizione di rilievo all’interno della catena produttiva.
Labile è, pertanto, il confine tra consumatore e professionista, in riferimento ad una tale figura.
Il legislatore è intervenuto a delinearne i caratteri essenziali con la legge 173/2005, introducendo tuttavia una serie di disposizioni lacunose ed ormai insufficienti alla luce dei moderni sistemi di vendita. Tali disposizioni sono inserite all’interno di un più ampio programma di tutela del consumatore da forme di vendita illecite e potenzialmente lesive (c.d. vendite piramidali).
L’art. 1 della predetta legge definisce l’incaricato alla vendita diretta a domicilio “…colui che, con o senza vincolo di subordinazione, promuove, direttamente o indirettamente, la raccolta di ordinativi di acquisto presso privati consumatori per conto di imprese esercenti la vendita diretta a domicilio.”
È prevista poi, all’art. 3, la possibilità di esercitare l’attività di incaricato alla vendita, oltre che alle dipendenze dell’impresa produttrice (quindi con vincolo di subordinazione), mediante un contratto di agenzia, oppure senza la necessità di un tale rapporto contrattuale, e quindi solo sulla base di incarichi ricevuti da una o più imprese. In tale ultima ipotesi, l’attività viene considerata di natura occasionale sino al conseguimento di un reddito di euro 5.000, oltre il quale si ha attività abituale, con i conseguenti obblighi fiscali in materia di I.v.a.
Quest’ultima ipotesi di rapporto tra incaricato alla vendita e impresa produttrice da spazio ad una serie di problematiche legate sia alla configurazione giuridica dell’incaricato, senza vincolo di subordinazione e senza contratto di agenzia, sia alla natura giuridica del rapporto tra lo stesso e l’impresa proponente.
Allo scopo di qualificare correttamente la figura dell’incaricato alle vendite, considerato il lacunoso dato normativo, non può che partirsi dal considerare il dato giurisprudenziale, inerente in particolar modo al concetto di professionista.
Questo concetto, come anticipato, ha subito nel tempo un processo di trasformazione, che ha portato ad ampliarne notevolmente i confini rispetto alla definizione espressa dall’art. 3 del D.Lgs.
1 A.Strata – M.Principe, Network Marketing: analisi giuridica di una strategia aziendale, Roma, 2016.
206/20052. Degna di nota, al riguardo, è la normativa relativa alle pratiche commerciali scorrette di cui alla direttiva europea 2005/29/CE, attuata nel nostro paese con il D.L. 146/20073.
Già alla luce di tale normativa, deve considerarsi professionista non soltanto il semplice intermediario, ma anche chiunque agisca, occasionalmente o meno, in nome o per conto di un professionista. Si tratta di soggetti che, in virtù della particella “o”, possono assumere due differenti posizioni, una di rappresentanti del professionista e l’altra di mandatari senza rappresentanza.
Ebbene la nuova figura dell’incaricato alle vendite sembra rientrare in tale ultima categoria. Si tratta, in sostanza, di soggetti che, seppur non hanno diretta e formale rappresentanza dell’impresa produttrice, ne agevolano indubbiamente la stipula di nuovi contratti, e si inseriscono quindi nel ramo distributivo della stessa. Gli incaricati, quindi, si atteggiano a portatori di interessi propri, economicamente rilevanti, tendenti alla realizzazione di una pratica commerciale o vantaggio economico4.
In tal senso si è pronunciata l’A.G.C.M., affermando che può qualificarsi come professionista anche un “…operatore “intermedio” che abbia una cointeressenza diretta e immediata alla realizzazione della pratica commerciale (c.d. vantaggio economico)…“5. L’Autorità specifica ulteriormente che, affinché si possa parlare di professionista, “…è sufficiente che la condotta venga posta in essere nel quadro di un’attività d’impresa “finalizzata” alla promozione e/o commercializzazione di un prodotto o di un servizio.“.
Ciò che assume rilevanza, in sostanza, è lo scopo oggettivo preso di mira dal soggetto.
In un ambito delicato, come quello del network marketing, ove il confine tra la figura del consumatore e quella del professionista è estremamente labile, un tale approccio oggettivo e teleologicamente orientato è di fondamentale importanza.
Carattere dirimente sembra assumere in giurisprudenza il concetto di “cointeressenza”, inteso come interesse proprio del soggetto, tendente ad ottenere un vantaggio economico (es. provvigione), che si fa partecipe dell’interesse dell’azienda produttrice-proponente, nei confronti della quale l’incaricato diviene co-autore della pratica commerciale6.
Anche la nozione stessa di pratica commerciale ha subito una certa evoluzione e contribuisce a definire i lineamenti e la natura giuridica dell’incaricato alla vendita. La giurisprudenza amministrativa ne ha tratteggiato gli elementi sintomatici, tra i quali vi sono: il comportamento posto in essere dal professionista; l’esistenza di un prodotto al quale il comportamento si riferisce; nesso teleologico tra il comportamento ed il prodotto, ossia l’intento promozionale e di collocazione del prodotto sul mercato7.
Le appena dette interpretazioni giurisprudenziali hanno comportato un notevole ampliamento della nozione di professionista e di pratica commerciale, facendo sì che vi rientrasse senza dubbio la nuova figura dell’incaricato alla vendita, da non potersi considerare come mero consumatore o comunque irrilevante nell’ambito della pratica commerciale.
2 Persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale, ovvero un suo intermediario.
3 Si definisce professionista anche chiunque agisce in nome o per conto di un professionista.
4 V.Barela, Nuove fisionomie di consumatori e professionisti. Un’ipotesi applicativa: network marketing, in Rivista Online Comparazione e Diritto Civile, 2017.
5 A.G.C.M., relazione annuale 2010, p. 350, su www.agcm.it.
6 Consiglio di Stato, sez VI, 12 novembre 2014, n. 5548; Consiglio di Stato, sez VI, 22 luglio 2014, n. 3896; Consiglio di
Stato, sez VI, 17 febbraio 2012, n. 853.
7 TAR Lazio, 9 aprile 2009, n. 3722.
Riassumendo, per professionista autore o co-autore della pratica commerciale, deve intendersi chiunque abbia una oggettiva cointeressenza diretta ed immediata alla realizzazione della pratica commerciale stessa. Si tratta, pertanto, di un approccio pratico scevro dai formalismi inerenti alla natura giuridica dell’attività svolta o al rapporto contrattuale. Ha adottato un tale approccio anche la Suprema Corte, dando rilevanza allo scopo concretamente perseguito dal soggetto agente8
Deve quindi farsi rientrare nel concetto di professionista, ogni soggetto che ponga in essere una serie di condotte rientranti in una attività finalizzata alla promozione o commercializzazione di un prodotto o servizio. Il fatto che da detta attività ne derivi un vantaggio economico per il soggetto in questione, costituisce senza alcun dubbio elemento idoneo all’attribuzione della qualifica di professionista9.
Occorre specificare, come anticipato, che la stessa normativa fiscale, di cui al D.P.R. 600/1973, prevedendo l’obbligo dell’apertura della partita iva per i soggetti incaricati con guadagni superiori ad Euro 5.000, considera tale figura come professionista.
Orbene, inquadrata la figura dell’incaricato alla vendita all’interno della nozione di professionista, occorre indagare la natura del rapporto tra quest’ultimo e l’impresa produttrice, in particolar modo ove non vi sia un contratto di agenzia.
Appare da subito riscontrabile l’atipicità di un tale rapporto, di natura autonoma, caratterizzato da vari elementi che potrebbero ricondurre potenzialmente nell’ambito di diverse fattispecie tipizzate dal codice civile.
Tale rapporto, il cui oggetto è identificabile da un lato nella promozione del prodotto per la raccolta di ordinativi e dall’altro nel corrispettivo per detta attività (provvigione), rinviene la sua causa in parte nel contratto di prestazione d’opera (artt. 2222 e ss. cod. civ.) ed in parte trae elementi dal contratto di agenzia (artt. 1742 e ss. cod. civ.). Occorre sottolineare che le norme di cui agli artt. 2222 e ss. del codice si applicano in via residuale rispetto alle ipotesi tipizzate di cui agli artt. 1655 e ss. cod. civ., le quali contengono elementi di specialità e prevalenza.
Se da un lato l’incaricato svolge la sua attività in piena autonomia, dall’altro risulta fortemente vincolato alle direttive dell’azienda. Come stabilito dalla legge 173/2005, l’incaricato alla vendita deve attenersi alle modalità e alle condizioni generali di vendita stabilite dall’impresa affidante. In caso contrario sarebbe responsabile degli eventuali danni derivanti dalla sua attività.
Anche una analisi specifica dei contratti tipicamente stipulati in ambito di network marketing (ad es. Herbalife, Amway)10, appare chiaro che la figura dell’incaricato alla vendita è notevolmente sottoposta alle direttive e indicazioni dell’impresa affidante11.
Appare quindi riscontrabile un certo bilanciamento tra l’autonomia tipica del prestatore d’opera e la vincolatività alle regole dell’azienda (tipica del lavoro subordinato). Se ciò non fa venir meno la natura autonoma del rapporto, introduce senz’altro elementi di tipicità riconducibili al contratto di agenzia. L’agente, infatti, da un lato svolge la sua attività in maniera autonoma e con assunzione del rischio, dall’altro è soggetto alle direttive ed istruzioni del committente. Queste caratteristiche hanno
8 Si veda, ex multis, Cass. Civ., Sez. VI, 5 maggio 2015, n. 8904; Cass. Civ., Sez. VI, 31 luglio 2014, n. 17466; Cass. Civ., Sez. VI, 12 marzo 2014, n. 5705.
9 TAR Lazio, Sez. I, 16 giugno 2011, n. 5388.
10 Consultabili sui rispettivi siti internet.
11 V.Barela, Riflessioni in tema di network marketing per un’analisi di diritto comparato, in Rivista Online Comparazione e Diritto Civile, 2017.
indotto spesso la giurisprudenza e la dottrina a ricondurre il rapporto in esame nell’ambito dell’art. 409, comma 1, n. 3 c.p.c. (lavoro parasubordinato)12.
Inoltre, indubbia è l’analogia dell’oggetto del contratto di “incarico alla vendita” con quello del contratto di agenzia, ossia l’attività concernente il promuovere la conclusione di contratti. Anche l’elemento della stabilità del rapporto pare potersi riscontrare nella figura dell’incaricato, in quanto nella maggior parte dei casi pratici si viene ad instaurare, tra l’incaricato e l’impresa affidante, un rapporto sostanzialmente inscindibile e duraturo nel tempo (in termini di convenienza economica)13. La Suprema Corte ritiene pacificamente applicabili in via analogica le norme sul contratto di agenzia (per quanto compatibili), quando risulti che il rapporto intercorso tra le parti sia carente nella sua disciplina pattizia ed abbia le caratteristiche (nonostante il differente nomen iuris) proprie del contratto di agenzia14.
Alla luce di quanto appena espresso, pare potersi ritenere applicabile all’incaricato alla vendita, per via analogica, la normativa prevista dal codice civile in ordine al contratto di agenzia.
Ciò, ovviamente, ove l’incaricato alla vendita svolga la sua attività in maniera abituale ed in collaborazione con l’impresa affidante.
Diversa è l’ipotesi, comunque prevista dalla legge 173/2005, in cui l’incaricato alla vendita svolga la sua attività in maniera occasionale, nel qual caso tale figura parrebbe assimilabile al c.d. procacciatore d’affari, al quale ultimo risultano ugualmente applicabili, per analogia, le disposizioni sul contratto di agenzia15.
In virtù delle esposte analogie, anche riferibili al corrispettivo dell’attività svolta (provvigione), non si vede come non possano applicarsi all’incaricato alla vendita le norme di cui agli artt. 1742 e seguenti del codice civile, per quanto compatibili e fatte salve le disposizioni di cui alla legge 173/2005.
Data l’attuale assenza di pronunce giurisprudenziali sulla specificità del caso, e data la tanto importante quanto problematica questione, sembra plausibile seguire l’esposta interpretazione, anche in chiave de iure condendo, onde consentire una quanto più efficace tutela dei diritti dell’incaricato alle vendite. Ciò anche al fine di sollecitare, ove necessario, interventi della giurisprudenza che vadano nella indicata direzione e consentano, quindi, di colmare le evidenziate lacune.
Avv. Giuliano Gilardi
FONTI:
13 V.Barela, cit.12 G. SANTORO PASSARELLI, Il lavoro parasubordinato, Milano, 1980; Ex multis, Cass. Civ., Sez. VI, 06 aprile 2009, n. 8214;
14 Cass. Civ., Sez. II, 3 ottobre 2007, n. 20775; Cass. Civ., Sez. U., 02 agosto 2017, n. 19161.
15 Cass. Civ., Sez Lav., 9 ottobre 2018, n. 3560. La Suprema Corte effettua un accostamento, per analogia, tra la figura dell’incaricato alla vendita, l’agente ed il procacciatore d’affari.