Il legislatore italiano, con L. 112/2016 (Legge per il “Dopo di Noi”), indica il trust tra gli strumenti maggiormente idonei a garantire tutela e supporto alle persone con disabilità ed alle loro famiglie. Queste ultime, difatti, non solo beneficiano di agevolazioni fiscali sui beni e diritti conferiti in trust, ma hanno la concreta possibilità di assicurare un futuro ai propri figli.
Tale tipologia di trust deve essere istituita esclusivamente al precipuo fine di inclusione sociale, cura ed assistenza del soggetto debole (scopo di cui è necessario dare espressamente atto nel negozio istitutivo).
La decisione sottesa all’individuazione del trustee in questo caso è ancor più delicata, poiché è essenziale scegliere un soggetto in grado di interpretare al meglio le esigenze del beneficiario, tenendo in forte considerazione caratteristiche e necessità personali di quest’ultimo.
Un elemento poco analizzato è la previsione nella legge sul “Dopo di Noi” di un fondo che, tra gli altri obiettivi, si prefigge di “attivare e potenziare programmi di intervento volti a favorire percorsi di deistituzionalizzazione e di supporto alla domiciliarità”(art. 4, comma 1, lett. a). Vengono, perciò, suggerite soluzioni abitative in apartment group, housing o cohousing per i soggetti interessati che tengano conto anche “delle migliori opportunità offerte dalle nuove tecnologie”.
La spinta all’innovazione tech investe, quindi, anche il trust del “Dopo di Noi”, che spesso si interseca con il real estate, già oggetto di attenzione di programmi di innovazione digitale che prevedono, ad esempio, il trasferimento degli asset immobiliari mediante l’uso di piattaforme che sfruttano la tecnologia Blockchain, oppure la tokenizzazione delle quote di proprietà.
Sfruttare la blockchain nel trust del “Dopo di Noi”, digitalizzando i contratti (i.e. locazione, vendita etc.) consentirebbe l’automatizzazione del processo di monitoraggio dei pagamenti e un intervento diretto in caso di inadempimento, ad esempio forzando trasferimenti monetari o attivando fondi assicurativi a tutela dei Beneficiari.
È stata anche ipotizzata una soluzione di implementazione che, allo stato dell’arte, risulterebbe già attuabile: tutti i documenti off-chain relativi al trust verrebbero caricati su blockchain ottenendone la completa digitalizzazione (cd. smart contract). Ciò garantirebbe un elevatissimo livello di trasparenza e sicurezza che renderebbe più agevole il lavoro del Guardiano, figura obbligatoria[1] di garanzia atta a vigilare sull’operato del trustee. Si otterrebbero documenti con timestamp, ossia una marca temporale in grado di certificare le informazioni contenutevi, senza intervento del notaio, rendendo il meccanismo efficace, meno oneroso, e, soprattutto, più snello.
Ciò assicurerebbe ulteriore stabilità ed evidenza alle attività effettuate sul fondo in trust, grazie ad un registro digitale irreversibile che ricostruisce tutte le operazioni compiute dal trustee, ad ulteriore garanzia di quest’ultimo in tema di responsabilità, nonché del beneficiario e dei suoi familiari, riducendo il rischio di eventuali dispute.
Non mancano, poi, proposte, forse troppo futuribili, che arrivano a postulare la creazione di uno “smart trust”, i cui contratti sarebbero tutti esclusivamente on chain, compresi quelli relativi alle smart property (ossia asset immobiliari cui è stata conferita un’identità digitale).
Anche l’atto istitutivo, che per legge (ex art. 6, comma 3, lettera a) deve avere la forma di atto pubblico, perciò, verrebbe redatto in assenza di notaio, affidando alla blockchain la funzione di garante della titolarità dei beni.
Tuttavia, l’implementazione di questi strumenti in questa fase storica potrebbe risultare troppo avveniristica.
Se, da un lato, l’utilizzo di soluzioni interamente on-chain consentirebbe di fare a meno dell’intervento di terzi garantendo al contempo certezza dei traffici giuridici, dall’altro incontrerebbe i rischi connessi al tema della cybersecurity. Per quanto la possibilità di concretizzare attacchi ai danni della blockchain sia remota, infatti, non si possono non considerare anche i potenziali pericoli relativi alla conservazione dei componenti hardware (i.e. incendi, allagamenti) con possibilità di perdita, anche totale, dei dati.
In conclusione, possiamo dunque affermare che intorno al trust ruotano figure la cui presenza è imprescindibile per il buon funzionamento e rendimento dello stesso, ancor più nell’alveo del “Dopo di Noi”, dove entrano in gioco non solo questioni meramente patrimoniali, ma forti implicazioni umane ed emotive: per quanto l’innovazione risulti auspicabile, il Dopo di Noi si inserisce in un contesto assai complesso e delicato, in cui l’interazione e la sensibilità del professionista è essenziale.
a cura dell’Avv. Eulessia Marina Ricci e dell’Avv. Giovanni Alessi
[1] La figura del Guardiano è obbligatoria solo con riferimento al trust del “Dopo di Noi” al fine di poter usufruire dei benefici fiscali.