Come noto, il tessuto economico italiano è retto dalle piccole-medie imprese: i dati parlano chiaro evidenziando che queste spostano circa 1.000 miliardi di euro e interessano 1/3 degli occupati.
Le PMI, inoltre, rappresentano anche un grande motore delle esportazioni, ricoprendo il 46% del totale (con 219 miliardi di euro), in costante crescita.
All’interno di questa percentuale, si distinguono in particolare le piccole imprese, il cui 80% è attiva nell’export; le medie imprese che esportano, invece, pur essendo in minoranza, hanno un ottimo trend positivo di crescita.
Tuttavia, la potenzialità di export delle PMI è ancora parzialmente inespressa, poiché non viene sufficientemente sfruttato il canale di vendita e-commerce, che potrebbe renderle maggiormente competitive sui mercati esteri.
Il commercio elettronico genera interessanti opportunità di sviluppo e dovrebbe occupare un ruolo centrale nelle strategie di export delle PMI. Difatti, l’inclinazione dei consumatori all’uso delle tecnologie digitali è in crescita.
Inoltre, determinati settori produttivi italiani, caratterizzati da alto livello di esclusività e qualità, risultano estremamente apprezzati dai mercati esteri, i cui operatori ricercano canali di acquisto di prodotti Made in Italy ad alto valore aggiunto anche nel proprio paese di origine.
Tra i paesi di maggior interesse per l’internalizzazione delle aziende italiane, ai primi posti svettano – senza sorpresa alcuna – Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Svizzera e Francia. Seguono Singapore, Canada e Corea del Sud: questi stati, interessati ai nostri settori di punta (fashion, food & beverage, arredamento – tutti in crescita dal 2021 -), sono fonte di evolute piazze digitali di consistente estensione, ma è necessario dar rilievo alla richiesta di elevata personalizzazione dei beni, molto apprezzata dal mercato di riferimento.
Ad oggi, come detto, per quanto i dati siano incoraggianti, mostrando una costante crescita delle PMI esportatrici che utilizzano l’e-commerce come strumento privilegiato per tale scopo, vi sono ancora ampissimi margini di sviluppo.
Le contenute dimensioni di un’azienda non dovrebbero essere inquadrate come ostative all’innovazione, bensì motivo per investire in una più rapida estensione delle competenze digitali e della tecnologia a disposizione al suo interno. Se marketing, comunicazione e governance sono le aree dove le PMI si mostrano più mature per l’export digitale, non si può dire altrettanto dell’adozione di canali di vendita digitali e dell’uso di tecnologie a supporto delle esportazioni che, al contrario, risultano scarsi.
La maggioranza delle PMI, difatti, si mostra impreparata in tema di strategia, con inadeguati livelli di utilizzo di cruscotti di indicatori strutturati per la valutazione dei progetti di internazionalizzazione.
I motivi di questa acerbità sono dati in parte dalla scarsa propensione ad investire nel digitale – anche per errate valutazioni sull’allocazione delle risorse -, e in parte a causa di una cultura aziendale troppo ancorata al passato e influenzata da meccanismi di amministrazione di stampo prettamente familiare.
Analizzando, poi, la correlazione tra export (sia digitale che tradizionale) ed innovazione, emerge che gli incentivi pubblici – sia di livello nazionale che regionale – influenzano l’adozione di strategie di crescita delle PMI. Detto supporto può comportare una distorsione, poiché le aziende che accedono ai fondi pubblici tendono ad implementare contemporaneamente le due tipologie di export, concentrandosi però maggiormente su una a discapito dell’altra.
Pertanto, sarebbe auspicabile che i bandi per la concessione degli incentivi venissero accompagnati anche da servizi non finanziari, atti ad accrescere le capacità di gestione e manageriali e, di pari passo, anche le competenze necessarie per la valorizzazione dei dati personali trattati.
Un esempio potrebbe essere l’offerta di corsi di formazione per il personale oppure il ricorso a Temporary Export Manager che possano veicolare l’impresa verso un corretto percorso teso all’internazionalizzazione digitale del mercato.
A cura dell’Avv. Giovanni Alessi e dell’Avv. Eulessia Marina Ricci