Pochi giorni or sono, il 3 novembre, è entrata in vigore la nuova disciplina definitiva relativa alla cessazione della qualifica di rifiuto (Legge 2 Novembre 2019 n. 128, di conversione del D.L. 3 Settembre 2019 n. 101, c.d. Decreto crisi aziendali) che, a pochi mesi dall’ultimo emendamento (avvenuto nel giugno 2019 con il c.d. Sblocca Cantieri) ha riformato ancora la norma di cui all’art. 184ter del Codice dell’Ambiente.
I punti più salienti della nuova disposizione sono:
- Comma 3: anche in mancanza di Regolamenti Comunitari e o decreti ministeriali (i c.d. Decreti End Of Waste) che contengano criteri più specifici, di cui al precedente comma 2, le autorità locali competenti possono rilasciare o rinnovare autorizzazioni (A.U. semplificate, ai sensi degli art. 208, 209, e 211, oppure A.I.A.) caso per caso sulla base delle istanze presentate dagli operatori interessati: all’interno del medesimo procedimento autorizzatorio sarà la stessa amministrazione procedente che dovrà fissare i criteri più dettagliati che, in aggiunta a quelli generali di cui al comma 1[1], contemplino quanto meno: a) materiali di rifiuto in entrata ammissibili alla procedura EoW; b) processi e tecniche di trattamento consentiti; c) criteri di qualità che i materiali che hanno cessato la qualifica di rifiuto debbono possedere, in linea con le norme di prodotto rilevanti, compresi i valori limite per le sostanze inquinanti, se applicabili; d) requisiti da rispettare affinché i sistemi di gestione dimostrino il rispetto dei criteri relativi alla cessazione della qualifica di rifiuto, fra cui il controllo di qualità, l’automonitoraggio e l’accreditamento, se del caso; e) requisiti relativi alla dichiarazione di conformità.
- Commi da 3ter a 3sexies: viene prevista una procedura di controllo della conformità dei processi e degli impianti, assentiti caso per caso, a quanto disposto con l’autorizzazione, con i criteri ambientali generali e con quelli dettagliati contenuti nel singolo provvedimento. L’IPSRA, a cui il provvedimento autorizzatorio è comunicato dall’autorità procedente entro dieci giorni dal rilascio (comma 3bis), oppure l’ARPA territorialmente competente se all’uopo delegata, procede con controlli di conformità a campione, in contraddittorio con il soggetto titolare. Il procedimento di controllo va concluso nei sessanta giorni successivi e l’esito della verifica va comunicato, entro ulteriori quindici giorni, al Ministero dell’Ambiente perché questo formuli proprie conclusioni da inviarsi all’autorità che ha rilasciato il provvedimento (entro ulteriori sessanta giorni). Se la verifica ha avuto esito negativo, essendosi rilevate difformità del processo e o dell’impianto alle disposizioni dell’autorizzazione, l’amministrazione procedente deve avviare, entro i centottanta giorni successivi, un procedimento affinché il titolare dell’autorizzazione adegui gli impianti e o i processi a quanto emerso in sede di verifica ed, in mancanza, procede alla revoca dell’autorizzazione. Nelle more l’amministrazione può anche disporre sospensioni, inibitorie dell’attività o altre misure cautelari. Se l’autorità competente non si attiva nei termini indicati, il Ministero dell’Ambiente ha poteri sostitutivi anche attraverso la nomina di un commissario ad acta.
- Comma 3septies: Si prevede l’istituzione di un Registro nazionale, tenuto dal Ministero dell’Ambiente, delle autorizzazioni rilasciate caso per caso. Oltre che per fini di pubblicità e statistici, il Registro nazionale potrebbe essere utile anche per la diffusione di best practices fra le autorità locali interessate. La concreta attuazione di questa norma è comunque demandata all’adozione di apposito decreto ministeriale che fisserà termini e modalità di istituzione e funzionamento del registro.
- Commi 5, 6 e 7: il Legislatore nazionale non rinuncia comunque all’adozione dei Decreti EoW validi per tutto il territorio nazionale. Il comma 5 prevede l’istituzione di un’apposito gruppo di lavoro, composto da cinque membri (due esperti in materie giuridiche e tre in materie tecnico-scientifiche) da scegliersi fra i dipendenti delle amministrazioni pubbliche che lavoreranno, per il quinquennio 2020-2024, presso l’ufficio legislativo del Ministero dell’Ambiente. Il compito del gruppo sarà svolgere le attività istruttorie necessarie all’adozione dei futuri decreti ministeriali sulla cessazione della qualifica di rifiuto. Il comma 7, dispone poi che, entro centottanta giorni dall’entrata in vigore degli eventuali Decreti EoW, i titolari delle autorizzazioni locali caso per caso, debbano rivolgere specifica istanza, all’amministrazione territoriale che ha rilasciato il titolo, per l’aggiornamento dello stesso alle nuove disposizioni statali. La mancata presentazione dell’istanza nei termini predetti determina (ipso iure? l’autorità locale è vincolata nel disporre la sospensione in caso di mancata presentazione dell’istanza, anche se nel caso specifico non è necessario nei fatti alcun adeguamento?) la sospensione dell’attività.
Ad un primo sommario esame letterale del testo, e senza pretesa di esaustività, permangono nella nuova disciplina alcuni aspetti problematici.
Innanzitutto, già il Consiglio di Stato, nell’esaminare la questione nel 2018[2], aveva dubitato, con argomentazioni di non poco rilievo, della conformità al dettato costituzionale dell’attribuzione alle Regioni di potestà regolamentare in materia ambientale[3]. Oggi, chiaramente, quella giurisprudenza è superata visto che questa attribuzione è stata fatta in via legislativa. Rimane da vedere, se e quando la Corte Costituzionale dovesse essere investita del problema, quali sarebbero le sorti del comma 3 del nuovo articolo 184ter.
Le disposizioni relative ai controlli ex post dell’ISPRA (commi da 3ter a 3sexies)[4] e quelle relative alla necessità di adeguamenti dei titoli in essere alle disposizioni eventualmente contenuti negli ipotetici futuri Decreti EoW (commi 5, 6 e soprattutto 7), e le conseguenze per le violazioni di tali prescrizioni, introducono notevoli elementi di incertezza e instabilità per gli operatori in un settore dove invece, attesi gli investimenti rilevanti per l’avvio dell’attività, è assolutamente necessario operare in un quadro regolatorio quanto più certo possibile.
Anche l’inalterato riferimento al DM 5 Febbraio 1998 ed al DM 161/2002 per la disciplina delle procedure semplificate di recupero, mantenuto nell’ultima parte del comma 3, era già stato oggetto di pesanti critiche degli operatori in occasione dell’emendamento di Giugno 2019 con lo Sblocca Cantieri: ritenere tuttora applicabili regolamenti tanto risalenti nel tempo, a dirne poco, non tiene conto delle notevoli innovazioni tecnologiche nel frattempo intervenute.
E’ comunque prematuro, in assenza dell’applicazione concreta delle nuove disposizioni, trarre conclusioni definitive.
Avv. Prof. Luca Pardi
[1] Si ricordano: a) la sostanza o l’oggetto è comunemente utilizzato per scopi specifici; b) esiste un mercato o una domanda per la sostanza o l’oggetto; c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non comporterà impatti negativi sull’ambiente e o sulla salute.
[2] Consiglio di Stato, IV, 28 febbraio 2018 n. 1229
[3] Al riguardo si può consultare il commento di P. Ficco e P. Fimiani, End of Waste: quali soluzioni dopo il “no” della Corte di Giustizia alle autorizzazioni “caso per caso”?, in Rivista Rifiuti – Bollettino di informazione normativa, 272, 2019.