Blog

Partenariato pubblico privato: finanziamento pubblico delle infrastrutture alla luce del Decreto correttivo al Codice Appalti.

Tra i passaggi del nuovo Codice sui quali si erano espresse fin dall’inizio numerose perplessità, c’era anche la disciplina sul Partenariato pubblico privato.

Cerchiamo, innanzitutto, di spiegare in modo sintetico che cosa si vuole intendere per Partenariato Pubblico Privato.

Con il termine Partenariato Pubblico Privato (di seguito anche PPP) si indicano, in generale, quelle forme di cooperazione a lungo temine tra il settore pubblico e quello privato finalizzate all’espletamento di compiti pubblici, quali il finanziamento, la costruzione, il rinnovamento, la gestione o la manutenzione di un’infrastruttura o la fornitura di un servizio.

Il PPP è quindi una nozione descrittiva che si riferisce ad una pluralità di istituti giuridici caratterizzati da alcuni elementi in comune.

Tale elemento di rapporto tra ambito pubblico e privato è diventato nel tempo un strumento importante per il nostro Paese: sono circa 29.000 i procedimenti in corso, per un importo complessivo di quasi 90 miliardi di euro dal 2002 al 2016 e rappresentano, solo nell’ultimo anno, il 53% degli importi complessivi del mercato delle opere pubbliche, una percentuale mai raggiunta prima.

Questi valori mettono in luce come i PPP si configurino sempre più quale forma di finanziamento alternativa ai canali tradizionali sia di funding che di procurement.

Il PPP è cresciuto in questi quindici anni ed è visto dalle amministrazioni pubbliche, soprattutto quelle comunali, come un’importante risposta per il miglioramento e il mantenimento della funzionalità delle infrastrutture e dei servizi sul territorio.

Si ricorre infatti a procedure di PPP per realizzare opere e servizi in settori come l’edilizia sociale e pubblica, gli impianti sportivi, l’arredo urbano e il verde pubblico, l’energia e le telecomunicazioni, tutti interventi di importante impatto per i cittadini e le società.

Il fabbisogno di investimenti (specialmente quelli infrastrutturali) viene quindi finanziato in un contesto di risorse scarse, e spesso circoscritte da vincoli di bilancio che bloccano la spesa per la parte pubblica.

L’idea di un rilancio dell’economia a partire da quest’ultimo tipo di risorse appare ormai peregrina e una delle strade possibili per affrontare tale situazione è ricorrere al Partenariato Pubblico Privato: interessi privati e interessi pubblici, risorse private e risorse pubbliche si incontrano, in maniera trasparente, per amplificare le potenzialità di investimento.

Sta proprio in questo rapporto tra pubblico e privato il motore principale che rende necessario l’utilizzo di tali strumenti.

Nel caso  dell’offerta privata si tratta di un ambito di intervento relativamente nuovo, per la domanda pubblica di un percorso di valenza strategica per tentare di promuovere lo sviluppo territoriale con poche risorse. Il partenariato in tale ottica rappresenterebbe una delle possibili strade per affrontare la crisi economico finanziaria che ha investito i Paesi ad economia avanzata, rimettendo in moto gli investimenti. Ma l’effetto moltiplicatore delle risorse finanziarie non è l’unica ragione a sostegno del PPP in quanto la ricerca e il coinvolgimento del settore privato (ad esempio per le infrastrutturazioni di pubblica utilità), può incentivare un miglioramento nella qualità progettuale e garantire una contrattualizzazione più adeguata dei servizi per la gestione e la manutenzione delle opere, da cui discende ampiamente la loro utilità sociale. In tale contesto di crescita globale si inserisce espressamente l’importanza del coinvolgimento del settore privato per la realizzazione di tutte quelle opere pubbliche prioritarie, garantendo la sostenibilità finanziaria delle stesse e rendendo conveniente ed efficiente la successiva gestione delle stesse.

Fatte queste doverose premesse sui margini operativi e le finalità del PPP, il legislatore ha deciso di ricomprendere all’interno del Codice la finanza di progetto, la concessione di costruzioni e gestione, la concessione di servizi, la locazione finanziaria di opere pubbliche, il contratto di disponibilità e qualunque altra procedura di realizzazione in partenariato di opere e servizi.

Caratteristica fondamentale di queste fattispecie giuridiche (negoziali) è quella del ruolo del privato che rappresenta il fulcro del rapporto contrattuale che sostiene interamente il rischio economico dell’intervento da realizzare e/o gestire.

Come corrispettivo dell’investimento il Codice prevedeva l’attribuzione al privato di gestire interamente l’oggetto del contratto al fine di rendere vantaggioso l’investimento stesso e oltre a ciò, in via eccezionale, il Codice prevedeva la possibilità che la P.A. potesse partecipare all’intervento versando un contributo pubblico al fine di facilitare il raggiungimento di un corretto equilibrio economico per l’operatore privato.

Fin dalla prima lettura dell’art. 180 comma 6 del D.lgs. 50/2016 la prima cosa che balzava agli occhi era stata, tuttavia, quel tetto del 30% al contributo pubblico fissato sia per le concessioni che per il Partenariato pubblico privato, spuntato all’ultimo minuto nel Codice Appalti.

Era quindi chiaro a tutti che, da sola, questa condizione rischiava di affossare in modo irreparabile e definitivo il project financing in Italia.

A tal riguardo, il severo limite del 30% al contributo pubblico sembrava un’impuntatura politica per “punire” il project financing, reo di aver partorito in questi ultimi anni troppe operazioni rivelatesi con il tempo molto più onerose del previsto per le casse pubbliche senza però considerare, invece, le importanti opportunità che tale strumento aveva permesso di intraprendere nei rapporti tra pubblico e privato.

Tale condizione appariva ancor più rischiosa se si considera la scelta draconiana di un’entrata in vigore del Codice poco più di un anno fa, senza neppure un giorno di transizione, il che aveva gettato di fatto nel panico stazioni appaltanti e imprese, decretando il congelamento di un intero settore.

A subire le conseguenze più dolorose di tale situazione, come detto, il settore del project financing e di tutto il Partenariato pubblico privato che sarebbe stato destinato a un rapido declino, in quanto veniva a mancare proprio quel profilo pubblicistico che aveva, fino a quel momento, caratterizzato tale strumento.

Si consideri che proprio il contributo pubblico fissato nel limite massimo del 30% appariva in contrasto con le regole Eurostat di contabilità pubblica europea che impongono una copertura privata dell’investimento “superiore al 50%“ (dunque fino al 49,999% pubblico) per poter stabilire che un’opera è vero project financing, e dunque “decontabilizzarla” dal bilancio pubblico, metterla “off balance”.

O meglio: più che in contrasto sembrava non in linea, o irragionevolmente troppo severa rispetto alle direttive europee.

Ulteriore dimostrazione che il tetto era troppo alto sono state le verifiche ISTAT fatte negli ultimi anni sui Partenariati pubblici privati italiani per capire se avevano rispettato le regole Eurostat sui rischi e quelle sul tetto del 49,999% pubblico.

Era emerso che nella maggioranza dei casi sforavano il 50% o non trasferivano il rischio al privato e dunque molte operazioni (in particolare sugli ospedali) sono state ricontabilizzate “on balance”.

Era proprio l’irragionevolezza del limite massimo del 30% al contributo pubblico che ha obbligato il governo a intervenire prontamente per cercare di rimediare al pasticcio giuridico ripristinando il limite previsto dall’Europa.

Il Decreto correttivo D.lgs. n. 56/2017 è intervenuto, quindi, su un quadro normativo che non risulta ancora compiutamente definito, in quanto mancano importanti provvedimenti di attuazione della riforma che, di fatto, non consentono di valutarne ancora appieno gli effetti.

Non è quindi facile dare un giudizio sull’efficacia delle nuove disposizioni.

Certamente alcune modifiche sono state positive.

Tra queste appunto quella che riguarda la percentuale di contributo pubblico nelle concessioni e nel partenariato pubblico privato che ha, di fatto, riportato a un livello più ragionevole e strumentale, l’apporto pubblicistico per tale strumento.

L’art. 67 del Decreto correttivo è infatti intervenuto prontamente alzando il tetto del contributo pubblico passando dal 30% al 49% (in linea appunto con le regole Eurostat) sia per le concessioni (art. 165 comma 2 del D.lgs. 50/2016) sia per i Partenariati pubblici privati (art. 180 comma 6 D.lgs. 50/2016).

L’aumento della soglia massima di contributo pubblico permetterà al sistema del Partenariato pubblico privato di rilanciarsi trovando nuovi sbocchi per operare in modo soddisfacente incidendo positivamente nel sistema economico attuale.

Non dimentichiamo che il nuovo Codice ha dedicato a tale strumento giuridico un’intera sezione, dimostrando di considerare tale area giuridica come spunto importante di opportunità imprenditoriali che attraverso un confronto con le amministrazioni conduca al corretto equilibrio tra rischi e vantaggi economici per gli operatori economici e per le amministrazioni.

Ed è proprio nell’ottica di tale consapevolezza che i prossimi anni saranno importanti perchè il PPP possa venire riconosciuto non tanto come strumento che indebolisce il sistema economico, ma come percorso che possa portare nuove risorse facendo ripartire in modo ancora più forte il volano economico.

Sarà a tal fine importante che le amministrazioni pubbliche e i funzionari preposti approfondiscano in modo adeguato tali procedure di PPP, valutando tali strumenti come una chiara opportunità di sviluppo economico e una fonte importante per realizzare quella serie di interventi pubblici che non sarebbero, diversamente, concretizzabili con le scarse risorse pubbliche.

Condividi:

Leggi gli altri articoli del blog

CYBERSECURITY: L’ITALIA SECONDO I RAPPORTI CLUSIT E ASSINTEL-CONFCOMMERCIO

All’indomani della chiusura dei lavori del Security Summit tenutosi a Milano, un breve contributo sulla situazione nazionale in tema di cybersicurezza alla luce dei dati del Rapporto Clusit 2024 sulla sicurezza ICT in Italia e del Rapporto annuale sull’evoluzione della cybersecurity, realizzato da Assintel – Confcommercio.

DDL MADE IN ITALY E LA LIEVITAZIONE DEL FATTURATO AGROALIMENTARE

L’Italia è da sempre conosciuta in tutto il mondo per le proprie eccellenze alimentari. Il settore agroalimentare si è rivelato essere una delle principali industry dell’economia italiana. Perciò, il Governo italiano è intervenuto per supportare il primato mediante il DDL Made in Italy. Quest’ultimo prevede molteplici misure volte ad intensificare il sistema sanzionatorio nell’ambito della lotta alla contraffazione e ad agevolare le modalità d’investimento.

LIMITI AGLI AFFITTI BREVI: I RISCONTRI IN ITALIA

In un momento storico in cui i canoni degli affitti aumentano vertiginosamente anche a causa del fenomeno del Fast Tourism, il legislatore italiano tenta di individuare una soluzione regolamentando gli affitti brevi. Tale proposta di intervento normativo, tuttavia, non ha incontrato il favore delle associazioni competenti del mondo immobiliare e turistico, i quali affermano che sia lesiva sul piano del diritto di proprietà.
La partita sul tema resta ancora aperta e nell’articolo si analizzano i punti principali e le critiche della proposta di legge.

Contattaci