Al momento di predisporre uno statuto, o di modificarlo, può accadere di interrogarsi sull’individuazione delle ipotesi che danno diritto al recesso del socio.
Infatti, il Codice Civile consente sia alle S.p.A. che alle S.r.l. di prevedere cause convenzionali di recesso, oltre a quelle già previste dalla legge, che, una volta definite, formano un gruppo chiuso modificabile esclusivamente intervenendo sullo statuto.
Tuttavia, nella prassi, si riscontra spesso l’esigenza di permettere al socio di “recedere” dalla società con il consenso di tutti gli altri soci, seppur in assenza di uno dei presupposti legali o statutari che legittimano l’esercizio del diritto di recesso.
Si tratta, dunque, di liquidare la partecipazione con risorse attinte dal patrimonio sociale a fronte dell’impossibilità di reperire acquirenti, sia fra gli altri soci sia fra terzi estranei alla compagine sociale.
In tal senso, la massima n. 53/2015 del Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Firenze, Pistoia e Prato ha legittimato tale prassi, conosciuta come “recesso consensuale”.
I soci di una S.r.l., con delibera all’unanimità, possono dunque consentire la liquidazione della partecipazione di uno di loro, in denaro o con beni sociali, anche se non si è verificata una delle cause legali o convenzionali di recesso.
Il rimborso può avvenire con le modalità determinate dall’articolo 2473 c.c. mediante acquisto della quota da parte degli altri soci o da terzi, utilizzo delle riserve disponibili o, in mancanza, riduzione del capitale.
Il principale vantaggio di tale recesso consiste – oltre a superare i limiti della legge e dello statuto – nella facoltà di negoziare liberamente l’entità del rimborso che spetta al socio recedente, senza doversi attenere ai criteri di determinazione del valore stabiliti dall’articolo 2473 c.c..
Tuttavia tale modalità operativa presenta dei rischi, soprattutto qualora si riduca il capitale e i creditori si oppongano alla riduzione.
In tal caso la società non verrà messa in liquidazione e non si procederà al rimborso del recedente, che dovrà rimanere parte della compagine sociale.
Pertanto, se con il consenso di tutti i soci si può concedere a uno di loro la possibilità disinvestire la propria quota chiedendone il rimborso alla società, non è tuttavia possibile farlo ai danni dei creditori.
Avv. Francesco Sibilla