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Rumore e Movida – Cosa Cambia Alla Luce Della Nuovo Legge di Bilancio 2019

Il nuovo anno si è aperto con importanti novità di carattere legislativo che hanno coinvolto in particolare le attività commerciali dei centri storici, e soprattutto pub e locali che somministrano cibi e bevande anche in orari notturni.

La disciplina che coinvolge i limiti di emissione acustica nei centro storici rappresenta infatti una delle tematiche di maggior rilievo degli ultimi anni, anche in considerazione del progressivo aumento di locali e dehor nei centri storici (soprattutto) che hanno prodotto considerevoli aumenti di turismo e di indotto economico ma anche provocato la crescita esponenziale del contenzioso con i residenti di zona.

Tale tema, che esplode puntualmente nella bella stagione, ma che anche nel resto dell’anno sale spesso alla ribalta a causa dei dissidi, più o meno veementi, tra comitati dei cittadini e titolari di locali, con le istituzioni ovviamente tirate in ballo. Si pensi a mero titolo esemplificativo alla battaglia infinita attorno ai rumori dello stadio Meazza di San Siro, specie per i concerti o nel centro di Bologna tra comitati dei residenti e consorzi dei locali della zona universitaria.

 GLI ELEMENTI DI NOVITA’

In questa molteplicità di riferimenti giuridici, normativi e giurisprudenziali si è inserita la Legge di bilancio 2019 al DL 207/2008 con un comma dell’articolo 1 che, affondato a pagina 130 del documento con tutti i provvedimenti della manovra del governo, in cinque righe scarse dice, in realtà, molto e potrebbe cambiare tanto del futuro: si legge, infatti, che «ai fini dell’attuazione del comma 1 (dell’art. 6-ter della Legge 13/2009), si applicano i criteri di accettabilità del livello di rumore di cui alla legge 26 ottobre 1995, n. 447, e alle relative norme di attuazione».

In sintesi, d’ora in avanti, in caso di contenzioso che coinvolga attività produttive e commerciali delle zone residenziali, non si farà più riferimento al Codice civile, l’art. 844 nel dettaglio, che continuerà, invece, a valere per le dispute tra privati, per esempio tra vicini di casa, ma alla legge quadro n. 477/95, che stabilisce i princìpi fondamentali in tutela dell’ambiente esterno e abitativo dall’inquinamento acustico.

Tale differenziazione tra attività commerciali e residenziali è stata da più parti letta come un ammorbidimento, o meglio, come un’apertura nei confronti della “movida”.

Andiamo a capire se davvero tutto ciò è vero.

LE MODIFICHE 

Tutto ruota attorno al concetto di “tollerabilità” che fino ad oggi era riferito e riferibile unicamente alla tollerabilità rappresentata nel codice civile all’art. 844 sulle immissioni: in buona sostanza, se finora era lasciata alla totale discrezionalità del giudice la valutazione della tollerabilità delle immissioni e delle emissioni acustiche, ora a definire il tutto penseranno i limiti indicati dalla legge quadro: nelle zone prevalentemente residenziali non si possono superare i 55 Leq in dB(A) dalle 6.00 alle 22.00 e i 45 Leq in dB(A) alle 22.00 alle 6.00.

Per “Leq” si deve intendere il livello di pressione sonora equivalente, il principale parametro di riferimento sia ai fini della valutazione del rischio (Dl 277/91, Dl 626/94) sia di quella del disturbo (Legge 447/95), che definisce un valore univoco descrittivo della rumorosità complessiva.

Va tuttavia chiarito che tali limiti non cambiano rispetto al passato ma diventano un riferimento più vincolante in quanto il giudice dovrà richiamare tale parametro come profilo prevalente per attestare o meno la violazione delle norme sull’emissione acustica nei cemtro storici.

Tale scelta se da una parte pare smorzare il rigido approccio fino ad oggi tenuto nei confronti dei locali del centro storico da parte di amministrazioni e giudici, dall’altra non permette però ancora di poter prevedere con certezza se porterà a sostanziali differenze rispetto al trattamento attuale.

Questo in ragione del fatto che non viene tolto del potere ai giudici come alcuni hanno erroneamente supposto.

Al di là dell’apparente complessità di rimandi a commi e riferimenti, la sostanza tuttavia è che non cambia teoricamente granchè sul piano delle norme, in quanto si è solo voluto meglio delineare lo strumento di misurazione delle immissioni.

Ciò per facilitare il compito dei giudici che fino ad oggi operavano secondo dei parametri non meglio definiti, determinando in molti casi contestazioni  e dissimmetrie.

I limiti previsti dal Leq di cui alla legge n. 477/95, in realtà, erano già previsti da tempo, semplicemente non erano stati fino ad oggi codificati come strumento di riferimento per i giudici stessi.

Le prime applicazioni della novità normativa daranno un quadro più preciso delle potenzialità della riforma, se di riforma si vuole parlare.

Si riapre, piuttosto, il dibattito già a lungo aperto attorno ai limiti stessi, con alcuni tecnici che sostengono che tali limiti siano un valore troppo alto, in presenza del quale possono già insorgere disturbi del sonno, ma non è questa la sede in cui valutare tali aspetti.

Interessante sarà quindi monitorare le prime applicazioni della norma in sede giudiziaria ed amministrativa perchè ciò chiarirà se davvero qualcosa è cambiato o meno.

Come detto ad oggi non è possibile delineare con assoluta certezza quali potranno essere, e in che misura, i risvolti concreti della normative; siamo però davanti a una questione di grande rilevanza non tanto da un punto di vista giuridico, ma di approccio al problema che interesserà molti operatori ed esercenti, partendo da una materia estremamente complessa: di fatto, la norma di Bilancio fissa semplicemente dei limiti oggettivi, rimandando ai parametri contenuti nella legge quadro del n. 477/95.

E’ infatti normale, e non ci sorprenderebbe la cosa, che a seguito di una scelta legislativa di maggiore rigidità nell’applicazione di criteri giuridici, ci sia anche una revisione complessiva delle prospettive e dei parametri di riferimento.

Finora, in sede civile il giudice doveva rifarsi al Codice civile che ai sensi dell’art. 844 parlava di tollerabilità, concetto che è, però, opinabile e varia da persona a persona: in giurisprudenza ciò ha comportato che in qualche caso, anche in presenza di rumori molto lievi, si arrivasse a sanzione, mentre in altri casi il giudice con un senso della tollarabilità differente e, anche con rumori forti, non applicava alcuna sanzione.

Questa norma invece, ponendo dei limiti oggettivi, dà, di fatto, dei parametri più rigidi che non possono essere sindacati e ciò, potrebbe nel lungo periodo essere una cosa buona perché aiuterà i giudici nelle valutazioni e sarà anche un riferimento per gli esercenti.

Resta il fatto che in sede di contenzioso fra sorgenti e ricettori, i giudici dovranno e potranno considerare ancora tutti quei parametri utili a capire e decidere se un determinato rumore possieda quelle caratteristiche tali da rappresentare un disturbo sanzionabile.

Non si dimentichi che le amministrazioni continueranno sempre ad avere il compito di provvedere a controlli e sanzioni e, nel contempo, si lascerà come è corretto che sia, ai magistrati la libertà di decidere in merito al concetto di tollerabilità delle immissioni di rumore utilizzando criteri e parametri che non sono riferibili solo ai livelli equivalenti misurati e ai rispettivi limiti.

Rilevante sarà a questo punto capire se a seguito di tali modifiche i governi del territorio adotteranno realmente un approccio diverso rispetto a tali problematiche o se invece si manterrà fermo tutto quanto finora svolto, nel bene e nel male.

Dovremo quindi attendere un pò di tempo prima di poter fare una prima stima, nel frattempo gli operatori avranno a disposizione dei “paletti” normativi e numerici più chiari all’interno dei quali potersi muovere senza il timore di incorrere in eventuali sanzioni.

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